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Cassata siciliana


Ciao a tutte, in questi giorni sono molto indaffarata, ma la settimana scorsa ho fatto uno tra i miei dolci preferiti. Non l'avevo mai fatto questo dolce, ma l'ho mangiato in Sicilia e rarissime volte buono in pasticceria. E' stato un lungo lavoro ma ne è valsa la pena, la pasta di mandorla è venuta buona, con gli avanzi c'ho fatto de biscottini deliziosi...ma devo ammettere che non l'ho messa proprio bene nello stampo :-( La ricotta era freschissima e di ottima qualità ma non regge il confronto con la vera cassata mangiata in Sicila! ma a me è piaciuta molto anche se esteticamente impefetta il sapore era delizoso.


un pan di Spagna (di circa 26 cm di diametro)

Per la pasta di mandorle:

180 grammi di mandorle dolci

20 grammi di mandorle amare

200 grammi di zucchero a velo

100 grammi di acqua

colorante verde per alimenti


Per la crema di ricotta:

300 gr di ricotta di pecora freschissima

100 gr di gocce di cioccolato di prima qualità

100 gr di zucchero a velo

50 gr di zuccata a cubetti


Per la glassa:

350 gr di zucchero a velo

1 albume

3 cucchiai di succo di limone

una stecca di vaniglia



Per la bagna:
200 gr di acqua

2 cucchiai colmi di zucchero

buccia di un limone non trattato

maraschino



Per la decorazione:

100 gr di zucchero a velo

frutta candita mista intera

perline di zucchero



Preparazione:

Per preparare la pasta di mandorle dovete tritare molto finemente le mandorle con un pò di zucchero fino a ridurle in farina, nel frattempo in un pentolino mettete lo zucchero e fatelo sciogliere a fuoco bassissimo, appena comincerà a filare unite la farina di mandorle, mescolate bene e poi mettete il tutto su una spianatoia.









Lasciate raffreddare l’impasto e lavoratelo fino ad avere un composto morbido e liscio, adesso 2/3 coloratela con il colorante verde e 1/3 lasciatela al naturale. Poi su una spianatoia infarinata con lo zucchero a velo stendete la sfoglia con un mattarello.


Fate un disco di pasta verde un pò più grande del fondo dello stampo che volete usare. Coprite lo stampo con la pellicola e poi fate la base con il disco di sfoglia verde e poi coprite tutti i bordi alternando rettangoli di pasta verde e rettangoli di pasta al naturale che devono essere della stessa grandezza



Preparate la bagna per il pan di Spagna mettendo a bollire l’acqua con lo zucchero e un la buccia di un limone non trattato fino a quando l’acqua non si sia ristretta più o meno della metà, poi pesate lo sciroppo che avrete ottenuto e aggiungete la medisima quantità di maraschino o un altro liquore a vostra scelta. Tagliate le fette di pan di Spagna in modo quanto più regolare possibile e poi inzuppatele bene nella bagna e usatele per rivestire lo stampo della cassata. Bagnatele bene perchè altrimenti il pan di Spagna risulterà spugnoso e non morbido come dovrebbe essere.




Preparate la crema di ricotta mescolando la ricotta di pecora, le gocce di cioccolato e lo zucchero a velo


 e poi versatela nell’incavo della vostra cassata, ricoprite con le fette di pan di Spagna inzuppate nella bagna. Se volete attenervi alla ricetta originale e più antica nella crema di ricotta dovete aggiungere 50 gr di zuccata a cubetti. Coprite con la pellicola trasparente e lasciate riposare per una notte in frigorifero. Per migliorare l’aspetto finale del dolce coprite con un piatto e mettete sopra un peso ad esempio una pentola piena d’acqua, così verrà più compatto e carino da vedere.


A questo punto dovete preparare la glassa, l’unica condizione per una buona riuscita è usare lo zucchero a velo già pronto perchè contiene anche amido e le tecniche industriali lo rendono anche più sottile, è praticamente impercettibile al tatto, quello macinato in casa invece non diventa così e ha come sgradevole conseguenza la comparsa di crepe durante l’asciugatura.


Se programmate di fare la cassata qualche giorno prima mettete lo zucchero a velo in un barattolo a chiusura ermetica inserendo anche la stecca di vaniglia, poi al momento di preparare la glassa setacciate lo zucchero e mettetelo in una ciotola, aggiungete l’albume e tre cucchiai di succo di limone filtrato, lavorate con la frusta elettrica fino ad avere un composto liscio e senza grumi, se non la utilizzate subito copritela bene con la pellicola in modo che non si rovini.

Capovolgete la cassata su un piatto da portata e sformatela, togliete la pellicola e coprite con la glassa in modo da avere uno strato liscio e uniforme, poi decorate con la frutta candita


Domenica delle palme



Nel calendario liturgico cattolico la Domenica delle Palme (o Seconda Domenica di Passione) è celebrata la domenica precedente alla festività della Pasqua. Con essa ha inizio la settimana santa ma non termina la Quaresima, che finirà solo con la celebrazione dell'ora nona del giovedì santo, giorno in cui, con la celebrazione vespertina si darà inizio al Sacro Triduo Pasquale.



Nella forma ordinaria del rito romano essa è detta anche domenica De Passione Domini (della Passione del Signore). Nella forma straordinaria la domenica di Passione si celebra una settimana prima, perciò la Domenica delle Palme è detta anche Seconda Domenica di Passione.



Questa festività è osservata non solo dai Cattolici, ma anche dagli Ortodossi e dai Protestanti.



In questo giorno la Chiesa ricorda il trionfale ingresso di Gesù a Gerusalemme in sella ad un asino, osannato dalla folla che lo salutava agitando rami di palma (cfr. Gv 12,12-15). La folla, radunata dalle voci dell'arrivo di Gesù, stese a terra i mantelli, mentre altri tagliavano rami dagli alberi di ulivo e di palma, abbondanti nella regione, e agitandoli festosamente gli rendevano onore.


Celebrazione liturgica
In ricordo di questo, la liturgia della Domenica delle Palme, si svolge iniziando da un luogo al di fuori della chiesa dove si radunano i fedeli e il sacerdote benedice i rami di ulivo o di palma che sono portati dai fedeli, quindi si dà inizio alla processione fin dentro la chiesa. Qui giunti continua la celebrazione della Messa con la lunga lettura della Passione di Gesù.  Il racconto della Passione viene letto da tre persone che rivestono la parte di Cristo (letta dal sacerdote), dello storico e del popolo o turba. In questa Domenica il sacerdote, al contrario di tutte le altre di Quaresima (tranne la 4^ in cui può indossare paramenti rosa) è vestito di rosso.



Generalmente i fedeli portano a casa i rametti di ulivo e di palma benedetti, per conservarli quali simbolo di pace, scambiandone parte con parenti ed amici. In alcune regioni, si usa che il capofamiglia utilizzi un rametto, intinto nell’acqua benedetta durante la veglia pasquale, per benedire la tavola imbandita nel giorno di Pasqua.



In molte zone d'Italia, con le foglie di palma intrecciate vengono realizzate piccole e grandi confezioni addobbate (come i parmureli di Bordighera e Sanremo), che vengono regalate o scambiate fra i fedeli in segno di pace.



Nel vangelo di Giovanni: 12,12-15, si narra che la popolazione abbia usato solo rami di palma che, a detta di molti commentari, sono simbolo di trionfo, acclamazione e regalità. Sembra che i rami di ulivo siano stati introdotti nella tradizione popolare, a causa della scarsità di piante di palma presenti, specialmente in Italia. Ad ogni modo un'antica antifona gregoriana canta: «Pueri Hebraeorum portantes ramos olivarum obviaverunt Domino» ("Giovani ebrei andarono incontro al Signore portando rami d'ulivo").



Nelle zone in cui non cresce l'ulivo (come l'Europa settentrionale), i rametti sono sostituiti da fiori e foglie intrecciate.


Si hanno notizie della benedizione delle palme a partire del VII secolo in concomitanza con la crescente importanza data alla processione. Questa è testimoniata a Gerusalemme dalla fine del IV secolo e quasi subito fu introdotta nella liturgia della Siria e dell'Egitto.



In Occidente questa domenica era riservata a cerimonie prebattesimali, infatti, il battesimo era amministrato a Pasqua; e all'inizio solenne della Settimana Santa, quindi benedizione e processione delle palme entrarono in uso molto più tardi: dapprima in Gallia (secolo VII-VIII) dove Teodulfo d'Orléans compose l'inno “Gloria, laus et honor” e poi a Roma dalla fine dell'XI secolo.



Dal 1985, nella Domenica delle Palme i cattolici celebrano anche la "Giornata Mondiale della Gioventù".


tratto da  http://it.wikipedia.org/

Torta pasqualina

Eccoci quà con una favolosa ricetta pasquale...che dedico a pasquy che porta questo bel nome ;-)
"la torta pasqualina" che io ho farcito con le biete ma si possono utilizzare anche gli spinaci o i carciofi.

Ha origini assai antiche (ne è attestata l’esistenza nel XV secolo), è una famosa specialità genovese, chiamata così perchè si usava (e si usa) prepararla e mangiarla soprattutto a Pasqua.


Questa torta salata si prepara anche con i carciofi, ma la tradizionale torta Pasqualina è fatta solo con le bietole, poiché nel periodo pasquale i carciofi non erano a buon mercato, mentre le umili bietole di campagna erano in pieno germoglio e tutti potevano permettersi di acquistarne in quantità. Tradizione vuole che i fogli di pasta che compongono la torta pasqualina siano esattamente 33, in ricordo degli anni di Gesù, ma in pratica ci si “accontenta” anche di meno. Non solo: come spesso accade nei piatti tipici di origini molto antiche gli ingredienti della torta Pasqualina, uova e formaggio, erano alimenti pregiati che venivano consumati solo nelle grandi ricorrenze.

In Liguria, al posto della ricotta, si utilizza la prescinseua, una sorta di cagliata di latte molto leggera, reperibile in alcune gastronomie particolarmente fornite.



Ingredienti:

2 rotoli di pasta sfoglia
kg 1 di spinaci
uova a piacere
gr 250 ricotta di pecora
gr 100 parmigiano grattuggiato
noce moscata grattuggiata
sale, pepe
olio

Lavate le verdure e lessatele in poca acqua salata per dieci minuti al massimo, quindi scolatele e spremetele per eliminare l’acqua in eccesso.


In una terrina sbattete quattro uova con la ricotta sgranata, aggiungete sale, pepe e il parmigiano, amalgamate le bietole strizzate e l’olio e una macinata di noce moscata .



Ungete di olio una tortiera circolare e stendete una parte della pasta sfoglia sul fondo e sulle pareti.



Versate l’impasto di verdure e formaggio nella tortiera facendo sei piccoli incavi dove rompere sei uova delle 7 rimanenti, facendo attenzione a non rompere il tuorlo.



Dare un’ ultima spolverata di formaggio e pepe e poi coprite il tutto con la restante pasta sfoglia cercando di chiudere bene i bordi e facendo qualche forellino con uno stuzzicadenti o con i rebbi di una forchetta per fare uscire il vapore.



Spennellate la superficie della torta pasqualina con l’ultimo uovo rimasto (sbattuto) e infornare a 200° per circa un ora.






Arrosto di maiale farcito di mele

Martedì sera ho cucinato questo arrosto, non l'avevo mai fatto...è veramente uscito tenero e saporito. Ho preso un trancio di lonza di maiale piccolo e c'ho anche pranzato ieri, è una ricetta facile ma, bisogna avere l'accortezza di girarlo spesso e di irrorarlo con il brodo caldo. Provatelo, è economico e delizioso.


Ingredienti:

non metto le quantità giuste, perchè il mio pezzo di carne era molto piccolo, ma voi potete facilmente adeguarvi con gli ingredienti.

Lonza di maiale un pezzo intero
mele verdi
vino bianco
brodo
olio evo
cipolla
sale. pepe



Mettere in un tegame l'olio evo con la cipolla tritata, fare cuocere un poco poi mettere il pezzo di carne, inciso al centro da cima a fondo inserendovi le fette spesse di mele. Cospargerlo di sale e pepe e legarlo con lo spago. Quando la carne avrà preso colore, bagnare con il vino bianco, farlo evaporare, poi aggiungere il brodo e far cuocere per circa 1 ora e mezza, coperto e a fuoco basso. A cottura ultimata, togòliere lo spago e tagliarlo a fettine e metterci il sughetto passato al setaccio.


Buon appetito!

Viaggio intorno all'uovo

tratto da: http://www.cooker.net/


L'uovo è forse l'alimento più economico, popolare e apparentemente semplice che conosciamo, ma proprio queste sue caratteristiche meritano di essere considerate virtù e quindi vi invito a fare con me un viaggio intorno a questo prezioso dono della natura, per conoscerlo meglio e quindi apprezzarlo in tutto il suo valore.



La sua popolarità deriva anche dal fatto che allevare galline è sempre stato relativamente facile, come forse ricorderà chi, come me, non ha più vent'anni da un bel pezzo. Durante la guerra e negli anni duri del primo dopoguerra infatti, quasi ogni famiglia teneva sotto al lavandino di cucina qualche gallinella ovarola e una semplice frittata con un po' di cipolla e di erbette sfamava tutta la famiglia.


I proverbi che sono nati dalla sua popolarità sono tanti: "camminare sulle uova", "rompere le uova nel paniere", "fare l'uovo di due rossi" e chi più

ne ha più ne metta. Conosciamo tutti le maliziose allusioni di favorire le "fatiche" più gradite di cui l'uovo è sempre stato oggetto, ma… "vox populi,

vox Dei", senza contare che sotto forma di zabaione o all'ostrica nel cucchiaio, è stato il ricostituente d'obbligo per generazioni che, in assenza

di antibiotici e altri ritrovati, conoscevano ancora la selezione naturale.


Ma le sue preziose virtù sono state molto sminuite dalle moderne concezioni mediche e il povero uovo è stato tacciato di tali misfatti da suscitare una iniziativa semiseria della Università di Pavia che, nel giugno 2001, ha tenuto un "Processo all'uovo", risoltosi con la piena assoluzione dell'imputato (vi invito a visitare: Imputato uovo: assolto! e godervi la gustosa relazione degli atti del "processo"). Per parte mia posso testimoniare che mio nonno, che superò il secolo di vita in piena forma psicofisica, si cucinò ogni sera, fino all'ultimo, un ovetto al tegamino. Altre tempre e altri stili di vita, ma tre o quattro uova alla settimana, se si è in buona salute, pare facciano solo bene. Un saggio contemporaneo, che mi ha chiesto l'anonimato, consiglia la seguente ricetta "medica", a suo dire infallibile: sciroppo di cantina, passeggiate la mattina e pillole di gallina.


Forse i bambini oggi pensano che le uova si producano nelle industrie alimentari o direttamente al supermercato. Io ricordo ancora il mio eccitato stupore quando, bimba di città, girando in campagna nel podere di mio cugino, le trovavo a volte nei posti più strani. Ho letto da qualche parte un simpatico gioco pasquale per bambini: nascondere un po' di uova (forse è più prudente rassodarle prima) in giro per casa o meglio in giardino o in terrazzo, e organizzare una "caccia all'uovo" con premio finale per chi ne ha trovate di più.


La forma perfetta, essenziale ed elegante delle uova ha ispirato artisti ed orafi e suggerito, fin dalla notte dei tempi, simbologie e significati sia religiosi che laici. Proprio per la loro particolare forma e anche per il loro contenuto, le uova hanno rappresentato nell'immaginario collettivo di una umanità ancora digiuna di conoscenze scientifiche, il mistero e la sacralità della Vita, della sua creazione e del suo rinnovamento.


L'uovo ha anche assunto significati esoterici che lo hanno posto in relazione con il numero zero al quale sembra essere legato da misteriosi vincoli allegorici. La splendida tela de "La Madonna col Bambino, Santi, Angeli e Duca da Montefeltro" di Piero della Francesca, a Brera (Milano), per i cultori di queste teorie, è un esempio del significato simbolico dell'uovo-zero perché, grazie al sapiente uso prospettico della luce, l'uovo diventa quasi protagonista dell'opera alla quale l'artista sembra avere affidato un messaggio interiore, ricco di mistero. E per restare nel campo dell'arte, ricordo "Le uova sul tappeto verde" e "Le uova sul cassettone" di Felice Casorati e "Uova fritte su un piatto senza piatto" e "Pane francese con due uova fritte senza piatto" dell'estroso Salvator Dalì.


Forse sono stati i Persiani i primi a rendere l'uovo oggetto di giochi rituali e di banchetti e a considerarlo apportatore di fortuna, fertilità e prosperità. Presso gli Egizi esso era considerato elemento dell'origine del Creato e anche simbolo di ritorno alla Vita, mentre i Cinesi ritenevano il suo involucro il contenitore del "tutto", materia e pensiero e credevano che dall’uovo fosse nato il primo uomo.


La "magia" della inspiegabile nascita di una creatura da un oggetto così strano, alimentava la credenza che le uova possedessero poteri speciali. Per questo motivo presso alcuni popoli esse erano ritenute di buon auspicio alle spose, rivelatrici del sesso del nascituro per le donne in attesa, capaci di allontanare malefici e disgrazie dalle case che le avevano seppellite nelle fondamenta e fautrici di abbondante raccolto per i contadini che le sotterravano durante la semina. Le stesse sostanziali credenze furono condivise da Assiri, Babilonesi, Celti, Visigoti e Romani e si tramandarono alla società medioevale e oltre. Nei Paesi ortodossi , le uova sono messe in relazione con la Morte e vengono poste sopra la bara o la tomba al momento della sepoltura. Ma dietro a questo rito funebre si rivela ancora il senso della rinascita, generalmente attribuito all'uovo. Nel rito della cena della Pasqua ebraica, l'uovo ricordava i sacrifici offerti nel Tempio di Gerusalemme ed essendo esso simbolo di unità, non doveva essere diviso tra i partecipanti alla cena perché la sua rottura avrebbe significato la distruzione della Vita.


Anche la nostra usanza di regalarci uova in occasione della Pasqua nasce da molto lontano. Greci e Cinesi si scambiavano uova per festeggiare l'arrivo della primavera e anche le decorazioni erano già praticate dagli Egizi e dai Persiani che se le scambiavano in dono per augurio contro disgrazie e stregonerie. In Russia la Pasqua è la festa più importante del calendario ortodosso e le uova scambiate sono spesso quelle di gallina, decorate.


Qui in Occidente questa tradizione sembra risalire al 1176, in occasione del ritorno di re Luigi VII dalla II Crociata. Per festeggiare l'evento furono regalate al sovrano uova in tale quantità che egli le fece dipingere e poi distribuire a larghe mani tra il popolo festante e da allora pare si sia radicata l'usanza. Ma se donarsi uova sembra essere rito semplice e familiare, vi sono famose e vistose eccezioni. Sono infatti preziosissime le uova che il gioielliere Fabergè ideò per lo zar Alessandro III, in oro, platino e argento, con diamanti e lacche finissime e sorprese favolose, degne dell'involucro. L'uso di introdurre la sorpresa all'interno di uova fabbricate e decorate, commestibili o no, sembra risalire al secolo XVI; si narra infatti che a Francesco I di Francia sia stata donata la tela di un pittore celata dentro un uovo, ovviamente non di gallina.


La Pasqua cristiana


I primi Cristiani celebrarono la Resurrezione di Cristo rifacendosi, nella simbologia, alla tradizione ebraica che, con la Pasqua, rievocava il passaggio (Pasach) dall'Egitto e consumava nella cena rituale agnello, simbolo di sacrificio, pane azzimo, simbolo di penitenza e uovo, simbolo di nuova vita.


La rottura del guscio alla nascita del pulcino divenne simbolo della Resurrezione del Cristo uscito dalla tomba e, nelle sepolture dei primi martiri sono state trovate uova di marmo. Più tardi si radicò la tradizione, nel giorno di Pasqua, di far benedire in chiesa le uova, proibite durante la Quaresima. Iniziò quindi il forte legame tra il periodo pasquale e l'uovo che si diffuse in tutto il mondo cristiano con diverse forme espressive, giungendo alla ormai diffusissima tradizione dell'uovo di Pasqua di cioccolato.


Le uova in tavola


Per preparare una tavola piena di "Pasqua" potremmo usare uova vere di gallina o di quaglia e decorarle usando i colori per alimenti che si trovano nei negozi oppure bollendo le uova in acqua con aggiunta di spinaci oppure tè o barbabietole o zafferano per averle, rispettivamente verdi, beige, rosse o gialle (è bene aggiungere all'acqua un po' di aceto per rendere i colori più stabili e brillanti). Una volta colorate potremmo guarnirle con fiorellini veri o finti, fermati da una goccia di colla, scritte e disegni fatti con i colori per alimenti e utilizzarle, secondo la nostra fantasia, come segnaposto o centro tavola, unite a rametti di ulivo, fiori di pesco, nastri colorati e altre cosette del genere.

Al di là di tutti i simboli, i significati e le leggende, l'uovo resta un alimento praticamente completo, ricco di proteine vive di alto valore biologico e a basso costo, se messo a confronto con gli altri alimenti proteici di origine animale come carni, pesci e formaggi. Contiene infatti tutti gli amminoacidi essenziali, è digeribile e, nonostante i preconcetti, il suo contenuto in Metionina e Colina lo rende benefico per il fegato, mentre la fama di favorire il colesterolo è smentita dal fatto che il tuorlo contiene sostanze, come lecitina e acido linoleico che contrastano l'accumulo di colesterolo nel sangue. Tutto questo a condizione che, come per tutte il resto, si adoperi buon senso e misura.



Quando parliamo di uova intendiamo, in genere, quelle di gallina, ma possiamo usare anche quelle di altri uccelli, come quelle di anatra, tacchina, quaglia ecc. Dal punto di vista nutritivo quelle di gallina sono le più importanti; hanno un peso variabile da 50 a 70 grammi e contengono, mediamente il 63-68% di acqua. Il valore nutritivo è molto diverso tra il tuorlo e l'albume. Quest'ultimo che rappresenta circa il 56,5% dell'intero uovo, è formato in prevalenza da una soluzione acquosa di sostanze ricche di albumina, è praticamente privo di grassi e tra i sali minerali comprende soprattutto sodio, potassio e cloro. Il tuorlo, che rappresenta circa 31,6 dell'intero, contiene proteine, grassi, fosforo, ferro, calcio, zinco, magnesio, vitamina A, B1, D, E, acqua.


Girando su Internet, insieme a molte delle notizie che vi ho girato in questo articolo, ho scoperto che sarebbe bene non far bollire le uova perché lo zolfo e il ferro che contengono, a certe temperature, forma il solfuro di ferro che è dannoso. Si consiglia quindi di metterle nell'acqua e portarle a ebollizione, spegnere la fiamma e lasciarle fino al raffreddamento per averle sode e togliendole prima per averle alla coque. Pare siano più gustose e più digeribili. Non ho ancora sperimentato, ma vi passo l'informazione, sperando vi interessi. Lo sapete vero che non bisogna metterle a bollire nel microonde perché scoppiano?


La loro estrema versatilità in cucina le rende un prodotto di largo consumo, sottoposto a controlli del Servizio Veterinario delle U.S.L. e a normative tese a verificare tutte le fasi della commercializzazione e, di recente, a farci conoscere, oltre alla data di scadenza delle uova confezionate, anche i sistemi di allevamento, all'aperto o in batteria, delle galline ovaiole che in Italia sono più di 40 milioni. Il 90% è allevato in batteria e circa il 70% della produzione è nel Nord Italia.


Le uova si classificano generalmente, in base al peso, in A e B, per il consumatore e C, per le industrie alimentari; il peso non influisce sulla qualità del prodotto e in base alla definizione "Fresche" o "Extra fresche". Purtroppo, anche se ci sono controlli relativi alla qualità dei mangimi, non siamo ancora informati su quello che le galline mangiano, sia all'aperto che in batteria, ed è ovvio dire che le uniche uova che ci piacerebbe mangiare sono quelle deposte da gallinelle ruspanti nell'orto di casa. Ma, restando con i piedi per terra e in attesa di ulteriori normative a difesa dei consumatori, penso che continueremo a fare degli atti di fede, come siamo ormai abituati a fare con quasi tutto quello che entra nella nostra spesa.


Da parte nostra, oltre a controllare date, pesi e origine, possiamo valutarne la freschezza, qualità importantissima, con mezzi molto empirici. Se intere, immergendole in acqua salata, sono fresche se vanno subito a fondo; se aperte controllandone l'aspetto: sono fresche quando il tuorlo è rotondo e ben teso e l'albume è denso e fa da corona al tuorlo.


Una storiella

In una trattoria di campagna, un avventore, al momento di pagare il conto, si complimenta con il gestore e gli chiede cosa dia da mangiare alle sue galline, considerata la bontà della frittata che ha appena mangiato.

"Beh- risponde quello- le lascio libere di razzolare qui fuori e fra un po' di immondizia e un po' di vermetti, crescono proprio bene".

"Ah, mi dispiace"- fa l'altro- "io sono un membro della Protezione Animali e devo farle una multa perché lei trascura i suoi volatili dal punto di vista alimentare".

Dopo poco tempo, un altro cliente davanti ad un ottimo pollo arrosto chiede all'oste cosa mangiano i suoi polli. Reso cauto dall'esperienza

precedente l'uomo risponde:

"Mangiano gli avanzi della cucina e si ingrassano proprio bene!"

"Ah, sono veramente dolente, ma nella mia veste di Ufficiale d'Igiene, sono costretto a farle una multa perché lei non ottempera alle norme

vigenti".

Quando, alcuni giorni dopo, un cliente, dopo aver gustato una porzione di gallina lessa, gli ripete la solita domanda.

"Ma cosa date da mangiare a queste galline che sono così buone?!", il povero oste risponde:

"Ah, guardi, io alla mattina, gli metto 5 euro sotto l'ala e che se la sbrighino da sole!".


Le uova e la bellezza


Una antica ricetta per la cura dei capelli opachi consiglia di mescolare un tuorlo di uovo con 1 cucchiaio di acquavite, fare un primo lavaggio ai capelli, applicare uniformemente l'uovo, indossare una cuffia da doccia e mantenere l'impacco per almeno 15 minuti. Sciacquare i capelli, ripetere uno shampoo e nell'ultimo risciacquo aggiungere aceto di mele diluito.


Ed ecco una maschera che rigenera pelli un po' provate dal tempo: con 1 tuorlo d'uovo, un po' di olio di arachide e poche gocce di limone fate una maionese, aggiungetevi 1 cucchiaino di miele, mescolate bene e spalmate il tutto su viso e collo, lasciandola almeno mezz’ora. Sciacquate bene con acqua calda. Ripetuta ogni 15 giorni dovrebbe rendere la pelle più distesa ed elastica.


Qualche ricetta


Difficile aggiungere qualche ricetta originale a base di uova, penso che tutti noi ne conosciamo un numero infinito, ma ve ne propongo lo stesso qualcuna, sperando che mi perdoniate, se le conoscete già.



Uova alla Primaverile


1 uovo sodo a persona

maionese q.b.

capperi sotto aceto

Tagliare le uova sode a metà, in senso longitudinale, oppure a spicchi e adagiarle su di un piatto. Preparare una maionese al solito modo e farla frullare insieme a una generosa manciata di capperi. Versare la salsa, che deve essere abbondante, sopra le uova sode e guarnire con qualche cappero. Volendo si possono coprire, insieme alle uova, anche alcune grosse fette di pomodoro da insalata. Piatto semplice e molto veloce, indicato per cenette improvvisate, antipasti o cene fredde.


Uova Ripiene

(per 6 persone)

6 uova sode

200 grammi di tonno sott'olio

100 grammi di burro morbido

50 grammi di capperi

qualche sottaceto

mezzo limone

sale q.b.

Prendere le uova sode, sgusciarle, e, con un coltellino appuntito e affilato, tagliare un poco le due calotte in modo che stiano in piedi e poi inciderle circa alla metà, praticando dei tagli a zig zag, per ottenere una cresta frastagliata. Togliere delicatamente i tuorli e frullarli con il tonno, i capperi e i sottaceti. Sbattere il burro con un cucchiaio di legno e quando è soffice aggiungerlo al composto, mescolare e unire qualche goccia di limone, aggiustare di sale e distribuire il ripieno dentro i cestini di albume sodo con una siringa oppure facendone delle polpette rotonde, con le mani. Sistemare le uova in un piatto da portata, decorare con sottaceti e, volendo, ricoprire con gelatina. E' un piatto indicato come antipasto o cena fredda.


Vov

bevanda alcolica

6 tuorli di uovo

500 grammi di zucchero

1/2 baccello di vaniglia oppure una busta di vanillina

la scorza di 1 limone non trattato

100 grammi di marsala secco

100 grammi di alcool etilico a 95°

Far bollire il latte con il baccello di vaniglia, la scorza del limone priva della parte bianca e 200 grammi di zucchero. Lasciar raffreddare e togliere la scorza e il baccello. Sbattere a lungo i tuorli, nel robot oppure a mano, con i restanti 300 grammi di zucchero e la busta di vanillina (se non avete la vaniglia), quando l'amalgama è pronta, aggiungere il marsala e l'alcool e poi, quando è freddo, il latte, sempre mescolando. Versare in bottiglie scure, ben pulite e asciutte e chiuderle bene. A dosi moderate e per adulti, è un ottimo ricostituente e si conserva molto a lungo (se non ve lo bevete prima!).


Dolcetto di Nonna Ieie

2 tuorli di uovo

4 cucchiai di zucchero

2 cucchiai di marsala secco

30 grammi di burro

2 cucchiai di cacao amaro

Sbattere bene le uova con 3 cucchiai di zucchero e, a parte, sbattere con un cucchiaio di legno il burro morbido con 1 cucchiaio di zucchero. Unire le uova al burro e aggiungere il cacao, amalgamare bene il tutto e aggiungere il marsala. E' una crema rapida e gustosa, può essere spalmata su biscotti secchi per una merenda sostanziosa, oppure usata per farcire una torta o, ancora, essere trattata come dessert, in coppette guarnite di amaretti (in tal caso bisognerà aumentare le dosi in proporzione al numero di persone).

P.S. Con tutti i bianchi che vi avanzano dal Vov e dal Dolcetto, potete fare le meringhe… ma questa è un'altra ricetta.

Ricetta della colomba pasquale di Salvatore De Riso

Pubblico questo post perchè sò che questa ricetta è molto cercata, da voi, in quanto le ricette di questo pasticciere sono molto buone. Io questa ricetta non l'ho ancora provata poichè non ho il lievito madre ma, ho una mia ricetta della colomba di Pasqua che faccio tutti gli anni e della quae sono molto soddisfatta


Colomba di Sal De Riso:

Preparare il primo impasto mettendo in un’impastatrice 60-70 grammi di lievito madre, 200 grammi di farina ricca di glutine, 60 grammi di acqua, 70 grammi di zucchero, 80 grammi di burro e 3 tuorli d’uovo. Lasciare lavorare a lungo la planetaria, poi lasciare riposare l’impasto coperto per 12 ore. Dovrebbe risultare morbidissimo, estremamente elastico. Poi rimettere il composto nella planetaria e aggiungere gradualmente 60 grammi di acqua, sale, 50 grammi di farina, 70 grammi di zucchero, la polpa tratta da 1 bacca di vaniglia, la scorza grattugiata di 1 arancia non trattata, 60 grammi di burro e 3 tuorli d’uovo. Lasciare lavorare l’impastatrice per 20 minuti e preparare intanto la crema per la glassa con 100 grammi di latte leggermente intiepidito e 200 grammi di cioccolato bianco a scaglie: lavorare la ganache con il mixer a immersione. Aggiungere 1 bicchierino di liquore giallo di Benevento (oppure di limoncello) e lasciare raffreddare. Riprendere l’impasto, che a questo punto dovrebbe risultare elastico e setoso, aggiungervi 150 grammi di frutta semicandita (per esempio fragole e/o frutti di bosco) lasciata precedentemente macerare in alcol e sciroppo di zucchero per 24 ore. Miscelare bene e poi suddividere la pasta in pirottini da forno a forma di colomba, tagliando una striscia lunga per il corpo e due piccole per le ali. Lasciare ancora lievitare per 4-5 ore. Poi mettere in forno caldo a 170° C per circa 45 minuti. Una volta che la colomba è cotta, aiutandosi con un becco d’acciaio praticare dei fori sulla superficie e riempirli con la glassa di cioccolato bianco mediante una siringa o un sac-à-poche. Distribuire e livellare il resto della glassa sulla superficie e guarnire con altri frutti di bosco semicanditi. Lasciare solidificare la glassa.

Biscotti fior fiore di primavera

Io ho sempre amato la primavera, è stata fin da piccola la mia stagione preferita: per i colori, i nuovi fiori, la luce della mattina che vedevo dalla mia camera che era "gioiosa". E', tutto un nuovo ciclo che si risveglia, compresi noi umani, ci sentiamo, o almeno io, più grintosi, più gioiosi e pronti a vivere con una marcia in più...


Ingredienti:

gr 125 burro freddo
gr 250 farina 00
2 tuorli
gr 100 zucchero a velo
1 vanillina

Lavorare tutti gli ingredienti velocemente, fare una palla e mettere in frigo per mezz'oretta





 cuocere in forno caldo a 180 per circa 12 minuti

buona primavera a tutti! ;-)

19 marzo: San Giuseppe, festa del papà...e le zeppole?



La festa dedicata a tutti papà nel giorno di San Giuseppe è usanza relativamente recente, giorno in cui i più piccoli consegnano i piccoli doni preparati con l´aiuto di mamme e maestre ma in cui anche i più grandi colgono l´occasione di dimostrare oggi, più che in altri giorni, il loro affetto per il papà . Un giorno di festa che ha radici antiche nel rito di purificazione dei campi e dove i falò di San Giuseppe illuminano la notte. Il Navigatore vi porta a scoprire la storia e la tradizione dietro le classiche cravatte per la festa del papà .

Secondo la tradizione popolare, e le scarne notizie in merito contenute dai Vangeli, San Giuseppe è lo sposo della Vergine Maria ed il padre putativo di Gesù. Il suo culto si diffuse piuttosto tardi in occidente e grazie a S.Tommaso, S. Geltrude e S. Brigida e, nel secolo XVI a S. Teresa di Gesù ma solo nel 1870 fu proclamato, da Papa Pio IX, patrono della chiesa universale; per questo è il santo protettore dei poveri e dei derelitti, poiché i più indifesi hanno diritto al più potente dei Santi, ed in alcuni paesi è rimasta la tradizione di organizzare banchetto di san Giuseppe invitando i poveri ad una tavola che il parroco provvedeva a benedire; ma San Giuseppe, in virtù della sua professione, è patrono dei falegnami. La sua festa cade il 19 marzo di ogni anno, festa nazionale fino al 1977, con i tradizionali falò e le buonissime zeppole. La scelta del 19 marzo come giorno per celebrare San Giuseppe, e con essa la tradizione dei fuochi nei campi, deriva dal più antico rito di purificazione; per segnare il passaggio dall´inverno alla primavera nel rituale pagano si accendevano grandi cataste per bruciare i residui del raccolto sui campi e si guardavano i fuochi ardere per tutta la notte, gareggiando per quale durasse più a lungo, in una tradizione che va via via scomparendo. La festa del papà nasce come complemento a quella della mamma, nel ventesimo secolo, per celebrare la paternità in tutte le sue gradazioni, nonni compresi, ed il giorno stabilito varia da paese a paese; come in Italia si festeggia il 19 marzo anche in Belgio, Portogallo e Spagna mentre la data più diffusa è la terza domenica di giugno, dove la festa del papà è celebrata in 24 paesi tra cui gli Stati Uniti, dove pare essere stata festeggiata la prima festa del papà il 5 luglio 1908 forse in memoria dei minatori e padri di famiglia morti nell´esplosione della miniera di Monongah, ne West Virginia, altre versioni la voglio attribuita a Sonora Smart Dodd di Spokane che avrebbe spinto molto per commemorare la morte del padre veterano della guerra civile, per poi venire istituzionalizzata solo nel 1972 da Nixon nella data attuale. Paese che vai, usanza che trovi, in Vietnam ed in Corea del sul vengono genericamente festeggiati i genitori, in Russia la festa del papà coincide con una festa militare genericamente festa dell´uomo mentre a Taiwan si festeggia l´otto agosto perché 8 8 [ba ba] suona come la parola cinese padre.
tratto da http://www.ilnavigatore.org/

San Giuseppe è anche il simbolo della castità, e quindi tutore delle ragazze da marito. Molti proverbi e poesie popolari contengono raccomandazioni a San Giuseppe, per trovare marito. Questo santo è una delle figure più care alle famiglie, ed è uno dei beati ritenuti più potenti per la concessione delle grazie.

Oltre a proteggere i poveri e le ragazze, San Giuseppe, in virtù della sua professione, è anche il protettore dei falegnami, che da sempre sono i principali promotori della sua festa.
La festa del 19 marzo è anche associata a due manifestazioni specifiche, che si ritrovano un po' in tutte le regioni d'Italia: i falò e le zeppole.

STORIA DELLA ZEPPOLA:


Nell’antica Roma il 17 marzo si celebravano le Liberalia”, feste in onore delle divinità del vino e del grano. Per omaggiare Bacco e Sileno, precettore e compagno di gozzoviglie del dio, il vino scorreva a fiumi: per ingraziarsi le divinità del grano si friggevano frittelle di frumento.
A San Giuseppe, che si festeggia solo due giorni dopo (19 marzo), la fanno da protagoniste le discendenti di quelle storiche frittelle: le zeppole di S.Giuseppe.
Nella sua versione attuale, la zeppola di S.Giuseppe nasce come dolce conventuale: secondo alcuni nel convento di S.Gregorio Armeno, secondo altri in quello di Santa Patrizia. Ma c’è anche chi ne attribuisce “l’invenzione” alle monache della Croce di Lucca, o a quelle dello Splendore.
La prima zeppola di San Giuseppe che sia stata messa su carta risale comunque al 1837, ad opera del celebre gastronomo napoletano Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino.
Il 19 marzo si è sempre festeggiato inoltre la fine dell’inverno (la primavera è ormai nell’aria): durante i cosiddetti “riti di purificazione agraria” vengono accesi in molti paesi del meridione dei grandi falò, e preparate grosse quantità di frittelle.
Un tempo a S.Giuseppe, patrono dei falegnami,si festeggiava la loro festa e venivano messi in vendita tutti i tipi di giocattoli di legno. Tutti i bambini ne riceveva in dono dai genitori qualcuno.
Oggi invece, dal 1968, da quando cioè il giorno di S.Giuseppe è stato decretato festa del Papà, il 19 marzo sono i figli a fare regali ai padri.

Ecco alcuni degli etimi più accreditati:

- zeppa: dal latino “cippus”, pezzetto di legno in grado di risolvere piccoli problemi di slivellamento. La zeppa è piccola, e per questo somiglia a quel “pizzico” di pasta lievitata che, messo a friggere nell’olio bollente, si gonfia, fino a dar vita alla classica “pastacrisciuta”. La zeppola si fa infatti come la pastacrisciuta, ma è dolce: e come lei, a Napoli ha un’origine “stradale”.

- serpula(m), dal latino serpe: la zeppola (quella antica,di San Giuseppe) ha la forma di una serpe acciambellata.

- cymbala(m), imbarcazione fluviale dal fondo piatto e l’estremità arrotondata, dunque a forma di ciambella. Col tempo, attraverso una serie di modificazioni linguistiche, cymbala è diventato “zippula”, da cui zeppola.

- Saeptula, da saepio, cingere. Questo termine designava gli oggetti di forma rotonda in genere.

- Zi’Paolo: il nome del friggitore napoletano,presunto inventore della zeppola.

Per concludere, va ricordato che “zeppola” è anche uno dei nomi scherzosi che i napoletani danno all’ernia inguinale, insieme aguallera, paposcia, ‘ntoscia, mellunciello.

E’ peraltro probabile che la zeppola/ernia non sia la zeppola di San Giuseppe bensì la “pastacrisciuta”, quell’impasto di farina, acqua e lievito che, messo a friggere nell’olio bollente, si gonfia, rassomigliando ad una rotondeggiante ernia inguinale.
tratto da http://www.zeppola.it/

Tiramisù al cioccolato


Questo è un dolce a dir poco favoloso! ghiotto ghiotto...per me golosissima e per il  mio babbo altrettanto supergoloso! Domani lo preparerò e lo porterò a lui per la festa del papà, quale regalo migliore da condividere insieme a tutta la famiglia? Ricordo che fin da piccola gli preparavo torte per questa festa e sopra ci scrivevo " auguri papà " ma lui mi ripeteva " non è per me, io sono il tuo babbo! " infatti nella nostra famiglia lo chiamiamo babbo per sua scelta, e lo festeggiamo con Auguri Babbo!

Tiramisù al cioccolato

Ingredienti per la crema al cioccolato:

gr 300 cioccolato fondente,
1 litro di latte intero,
10 cucchiai di zucchero semolato,
 4 cucchiai di farina 00,

Ingredienti per la crema al mascarpone:


gr 500 mascarpone fresco,
5 uova,
8 cucchiai di zucchero,

********************* 

 caffè, savoiardi q.b


 Preparazione:

Per preparare la crema al cioccolato, mettere in un tegame, lo zucchero e la farina indicati, e mescolando unire a filo il latte, una volta miscelato bene , mettere sul fuoco, aggiungendoci il cioccolto fondente a pezzetti. Cuocere la crema fino all'accenno del bollore, sempre girando attentamente. Lasciare raffreddare. Per la crema al mascarpone: separare le uova,motare a neve gli albumi, e montate a crema anche i tuorli con lo zucchero. Lavorare a crema il mascarpone e aggiungerlo a cuccchiate  alla crema di tuorli altenarndoli agli albumi, dovete ottenere un crema soffice e sostenuta. Procuratevi un contenitore di vetro rettangolare e, sistematevi dei savoiardi imbevuti nel caffè amaro, sopra di essi fate uno strao di crema al cioccolato e sopra ancora versateci la crema al mascarpone. Ricoprite con una pellicola trasparente e mettete in frigorifero per alcune ore. Al momento di servire il dolce spolverizzare di cacao amaro.






...eccolo pronto per andare in frigorifero...
poi poco prima di servirlo lo ricoprirò di cacao amaro e decorazioni



con questa ricetta partecipo al contest di marzo di:

Pastiera napoletana



Buongiorno a tutte, ieri ho fatto la mitica pastiera napoletana. Mitica perché era tanto tempo che volevo farla, ma ho sempre rimandato, e anche perchè cimentarsi con una ricetta tradizionale è difficile come è anche difficile trovare la ricetta giusta. Ora sta riposando...e dopo ventiquattrore l'ho assaggiata!...per me è buona abche se non so quale sapore deve avere la vera pastiera con la ricetta autentica, anche perchè io al posto dei canditi ( che non mi sono tanto tanto graditi) ho messo del cioccolato fondente a pezzi. Questa è la mia prima pastiera e non so se deve essere asciutta o umida, la mia è umida e profuma di arancio, il grano si sente il giusto, e la frolla è buonissima. Ah! con il grano precotto avanzato cosa ci faccio? Il barattolo era grande e ne ho usato la metà, datemi qualche ricetta...grazie! e anche la vostra ricetta supercollaudata della pastiera campana.

Pasta frolla



gr 250 burro freddo a pezzi
gr 500 farina 00
4 tuorli
gr 200 zucchero semolato
1 limone grattuggiato

Ho impastato il tutto, fatta una palla,l'ho avvolta nella pellicola e poi messa in frigorifero per 30 minuti



stendere la pasta frolla e foderare uno stampo grande unto di burro e di farina


Ripieno

gr 300 grano cotto
ml 400 latte intero
1 cucchiaio di burro o di strutto
1 cucchiaio di zucchero



cuocere questi ingredienti a fuoco basso per circa 10 minuti, fino a quando il composto avrà assunto un'aspetto cremoso. Lasciare raffreddare.

****************************************************************

gr 400 ricotta di pecora
gr 300 zucchero semolato



lavorare la riccotta a crema, aggiungere lo zucchero e lavorare ancora

aggiungere poi 5 tuorli e lavorare bene


poi aggiungere 3 albumi montati a neve



quindi mettere nell' impasto l'arancia grattuggiata, la fialetta di aroma d'arancio,  e gr 150 di canditi a pezzi. A  tutto questo unire la crema fredda di grano e latte,





e versarlo nello stampo ricoperto di pasta frolla. Ricoprire con delle strisce di pasta

infornare per 1ora o poco più a 200 gradi





ricoprire di zucchero a velo

W la Ferrari!!!!

La Formula Uno è da sempre un sport che seguo con passione, anzi sarebbe meglio dire che è L'UNICO SPORT che seguo tutti gli anni e tutte, tutte le domeniche a qualsiasi ora della diretta del Gran Premio. Questa passione è nata fin da piccolina quando trascorrevo in casa le domeniche pomeriggio con mio padre, mio fratello e mio cognato, tutti uomini a guardare, commentare, criticare la corsa, ed io in meezzo a loro, ho imparato ad interessarmi e ad appasionarmi.



Alonso strepitoso in Bahrain e con Massa è trionfo Ferrari

SAKHIR (Bahrain), 14 marzo 2010 - L'ultimo a combinare un numero simile è stato Kimi Raikkonen nel 2007, e sappiamo tutti com'è andada a finire... Fernando Alonso ha vinto al suo esordio con la Ferrari: lo ha fatto nel GP del Bahrain, prima gara del Mondiale 2010. Ha preceduto il compagno Felipe Massa, per una doppietta di resurrezione del Cavallino dopo un anno difficile. Terzo Lewis Hamilton con la McLaren.

Sono dispiaciuta e arrabbiata di vedere le mie ricette in giro nel web, copiate pari pari...Basta!

Sono dispiaciuta e arrabbiata di vedere le mie ricette in giro nel web, copiate pari pari...Basta!
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